10 parole palermitane: l’Unesco riconosce al siciliano il grado o lo status di lingua madre. Tra i tanti dialetti presenti lungo il territorio, il palermitano presenta numerose interpretazioni e sfumature. All’interno delle nove province, è probabilmente il più brillante e discusso.
10 Parole palermitane da conoscere prima di andare in Sicilia
Il dialetto palermitano è una cantilena. E’ un linguaggio mischiato con l’arabo e lo spagnolo, una fonte inesauribile di doppi sensi e contraddizioni. Una forma espressiva che coinvolge gran parte della città e si respira tra i mercati locali.
Se desideri cimentarti lungo questa corrente linguistica, non puoi fare a meno d’imparare almeno 10 parole palermitane prima di andare in Sicilia.
Ecco una preziosa selezione di termini che possono tornarti utili durante una vacanza nell’isola.
- Minchia: è in assoluto la parola più chiacchierata. E’ presente all’interno di conversazioni o sostituisce proposizioni. In generale per i siciliani, è un intercalare, una virgola all’interno di un’espressione verbale. Può assumere diversi significati, che variano in base al contesto nel quale viene pronunciata. A differenziarsi è la tonalità e la forma, allungata o contratta. Sostituisce la parola “cioè” e può esprime stupore, contentezza, dolore, disprezzo, arrabbiatura ect. Un vero local non potrebbe farne a meno. Accentua e dona valore ad una domanda o un’affermazione.
- Picciotto: indica l’adolescente o un adulto considerato un eterno ragazzo e lo differenzia da persone appartenenti ad altre fasce d’età. Il termine può essere utilizzato anche per giustificare un’azione commessa con leggerezza da un fanciullo.
- Fango: è un termine a sfondo mistico, pronunciato in senso dispregiativo. Il fango è una persona poco corretta, che alle iniziali buone intenzioni, fa seguire un’inaspettata cattiva azione o mala parte. In questo caso si esclama “sei un fango”. A Palermo una possibile espressione ingiuriosa è “il fango in confronto a te, è acqua distillata“.
- Cumpà: è l’alterego di compare. In Sicilia viene utilizzato come messaggio di benvenuto per salutare un semplice amico o conoscente, al fine d’instaurare un immediato contatto confidenziale.
- Camurria: quante volte viene pronunciata dai figli nei confronti dei genitori. “sei una camurria”, ovvero sei una seccatura o scocciatura. Esprime un atteggiamento irritante e fastidioso.
- Mizzica: è un’esclamazione che manisfesta meraviglia e stupore. Sostituisce “caspita”, concettualmente è vicina a “minchia”, viene utilizzata in contesti più contenuti e garbati.
- Vastasu: è riferito ad un soggetto poco educato, che ha commesso un’azione o espresso un concetto in maniera poco ortodossa, da censurare e rimarcare negativamente.
- Futtitinni: questa è meravigliosa, sintetizza il vivere siciliano. Letteralmente è un invito a fregarsene ad ipotetiche conseguenze di un evento o di un fatto.
- Attarone: deriva da “atta o neglia”, indica in maniera scherzosa un soggetto poco incline a svolgere un’attività, per esempio nel gioco del calcio “sei un attarone“, ovvero sei uno scarsone.
- Pacchione: mentre nel catanese fa riferimento ad una bella ragazza, definita anche un “pezzo di pacchio“, nel palermitano rimanda ad un soggetto brutto, grasso ed in evidente sovrappeso.
I termini sono davvero tanti, è difficile riassumerli in un post. Volendo aggiungerne un altro, da non perdere è “Feto“, non inteso come nuovo nascituro, ma come un’incredibile puzza male odorante. Per manifestarla, la tipica espressione è “minchia ru feto”
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